venerdì 31 luglio 2015

7. Isafjordur - Patreksfjordur - Latrabjarg


Iniziamo bene la giornata con un breackfast eccezionale a base di salmone al cognac e vari tipi di formaggi di pecora, uno più buono dell’altro. Il tempo invece è piuttosto brutto con un forte vento che sta soffiando dalla sera precedente.


Queste zone sono veramente delle lande desolate e disabitate ed anche i turisti sono pochi dando la preferenza alle località più famose ed ospitali dell’isola.
Costeggiamo fiordi e valichiamo montagne da mattina a sera percorrendo anche oggi, come praticamente ogni giorno da quando siamo sbarcati, un centinaio di km su strade non asfaltate. In genere il fondo è ottimo e ben tenuto ma oggi, anche a causa della pioggia e del vento, lo sterrato ci ha messo veramente a dura prova. 



Più di una volta ho rischiato di finire a terra o peggio fuori strada in un dirupo a causa delle raffiche di vento che a mio parere superavano i 100 km/h. La moto da enduro con un buon pneumatico tassellato è veramente indispensabile se si vuole esplorare questa parte dell'isola.

Passiamo la sera a Patreksfjordur, un grazioso villaggio di 800 abitanti, ma che come al solito non vediamo in giro. Devo ritenere pertanto che gli islandesi non siano abituati ad uscire se non per necessità e passino la maggior parte del loro tempo tra le mura domestiche. Parlando di case devo dire che sono generalmente molto spartane, tirate su con quattro assi di legno, il tetto in lamiera preverniciata ed anche gli interni sono arredati con mobili da poco prezzo.


Non parliamo poi dell’esterno dove non esistono giardini e recinzioni. Forse hanno ragione loro a non curarsi troppo di queste cose e a dedicare pochissime delle loro risorse alla casa, contrariamente a ciò che facciamo noi che a volte ne facciamo una ragione di vita.


Ceniamo nell’unico ristorante aperto scegliendo tra due soli piatti nel menù: pesce del giorno o carne del giorno. Rischio con la carne e mi rendo conto di aver fatto centro quando mi portano un gigantesco filetto di lamb, cotto a puntino e dal sapore delizioso.
Finiamo la serata come sempre chiacchierando, guardando le previsioni del tempo e studiando l’itinerario per il giorno successivo.


Giovedì 2 luglio. Il tempo stamane è migliorato anche se ancora un po' nuvoloso ma soprattutto è cessato il vento. Partiamo senza antipioggia confidando nella buona sorte ma poi, dopo soli 50 km, la fortuna ci abbandona costringendoci a coprirci. Questo tratto della strada n.62 è ancora più selvaggio e deserto di quello di ieri. Non si incontrano abitazioni, fattorie e tracce della presenza umana per tratti di 150 km e più.
Naturalmente ne beneficia la natura incontaminata offrendoci scorci e vedute da cartolina inducendoci ad effettuare una sosta dopo ogni curva.

                                                Verso le 10 siamo nei pressi della deviazione per Latrabjarg dove sorgono spettacolari scogliere a picco sul mare alte fino a 500 m. Sembra anche che siano il punto più occidentale d’Europa. Purtroppo sono l’unico dei tre interessato a visitarle perché i miei due amici, un po intimoriti dai 100 km di percorso sterrato da fare sotto la pioggia e il probabile vento sul percorso insistono per il no e quindi rinunciamo…Peccato. Anche in questo frangente le grosse adv 1200, che di adventure hanno solo il nome, si sono dimostrate un limite.


Continuiamo fino a Laugar sulla bella strada n.60 fiancheggiata da torrioni di roccia scura che ricordano vagamente gli scenari dei film western.

Ci fermiamo per la notte in un hotel della catena statale Edda ricavato da un college universitario. Lo si desume chiaramente dalla disposizione delle camere, dai bagni in comune in fondo al corridoio e dalle vecchie foto alle pareti raffiguranti gli studenti che qui hanno soggiornato.
Per cena Artic Char come antipasto (simile al salmone ma più delicato) e dell’ottimo Cod Fish (merluzzo) con patate.