venerdì 31 luglio 2015

1. La Voglia di Tornare

L'ISOLA  DEL  GHIACCIO  E  DEL  FUOCO


Aprile 2015
In Islanda ci sono già stato nel 2006 in compagnia di Giorgio e Max. Fu un viaggio memorabile, bellissimo, impegnativo sotto ogni punto di vista, affrontato con moto non adatte percorrendo anche piste coperte di neve con un'Harley una Bmw RT e una Honda Hornet 900, non so se mi spiego... L'entusiasmo o l'incoscenza furono tali da indurmi comunque a dire: "Io qui ci ritorno". Sono passati nove lunghi anni ed almeno altri 250.000 km sotto le gomme delle mie moto ma ora il momento è arrivato e sono pronto ad onorare quella promessa fatta a me stesso sul molo di Seydisfjordur tanto tempo fa.
I miei compagni di allora, oberati come spesso ultimamente da improrogabili impegni di lavoro, questa volta non ci saranno. In compenso viaggerò con altri due grandi amici/motociclisti doc, Paolo e Michele, che per chi mi segue sul blog non hanno certo bisogno di presentazioni.

L'idea di tornare in Islanda, costantemente cullata nella mia mente, si è definitivamente sviluppata dopo che l'inverno scorso, a causa di alcuni imprevisti, ho dovuto rinunciare a partire per l'Australia. Il progetto si è successivamente consolidato parlandone a più riprese con i miei grandi compagni di avventure. 

Da subito si è presentato il problema della disponibilità di cabine sull'unica Nave-Traghetto che fa servizio una volta alla settimana dalla Danimarca all'Islanda con una traversata di 48 ore. Ci eravamo quasi arresi, ma la costanza di verificare pressoché giornalmente la disponibilità di posti letto alla fine ci ha premiati (non per niente nelle mie vene scorre anche sangue valdimagnino proverbiale per la caparbietà dei suoi abitanti). Una sera durante una delle mie solite visite al sito della Smiryl Line vedo disponibile una cabina da 4 persone e dopo un rapido giro di telefonate decidiamo di acquistare il biglietto che la sera stessa è già nelle mie mani.

Bene, è quello che ci vuole per risvegliarmi dal torpore invernale e tornare alla Vita, quella con la V maiuscola, dopo la sosta forzata a cui sono stato costretto negli ultimi mesi.
Ora non ci sono più santi che tengano, iniziamo subito a darci da fare per raccogliere informazioni sulle località da visitare, sulla percorribilità delle piste, sulla disponibilità di posti letto, sulle gomme più adatte da montare sulle nostre moto che sembrano avere già capito che presto partiranno pure loro per un altro bel viaggetto. Anche loro come i propri conducenti sono contente e ansiose di viaggiare ancora insieme, di raccontarsi gioie e dolori degli ultimi ennemila chilometri e sopratutto di conoscere la nuova adv di Paolo.

17 Giugno
Mancano poco più di due giorni alla tanto agognata partenza e come al solito non sto più nella pelle. La moto è pronta, equipaggiata con un bel paio di Karoo 3 consigliatemi caldamente dall'affidabile amico Massimiliano che le ha provate nel suo viaggio a Dakar.
Mi rimangono solo da caricare borse e borsoni, insolitamente pesanti per il mio standard, e poi attendere pazientemente il sabato mattina come la donzelletta di Leopardiana memoria.
La prima tappa sarà sostanzialmente un bel giro alpino attraverso il passo dello Stelvio, per arrivare ad Innsbruck dove incontrerò gli altri due “vikinghi” Paolo e Michele partiti rispettivamente da Roma e Benevento.



2. Un Noioso Avvicinamento



Il giorno della partenza è finalmente arrivato. La moto, già pronta e carica dalla sera precedente,  mi aspetta pimpante in garage. Lascio quindi la mia tana in Val Taleggio sotto un cielo plumbeo che non promette nulla di buono ed una temperatura di solo 10 gradi.
L’appuntamento con i miei compagni di viaggio è per stasera stessa ad Innsbruck ed avendone tutto il tempo, decido di non fare autostrada ma bensì piacevoli strade di montagna che ben conosco.
Attraverso la Culmine di San Pietro e la Valsassina giungo in Valtellina dove ho qualche amico da salutare.
La prima tappa è a Mazzo da Cristiano, indaffarato come sempre, che trovo intento a potare la vite. Mi mostra orgoglioso il suo frutteto e il suo strepitoso orto arricchito da rarissime varietà di patate coltivate con una tecnica di sua invenzione. Una rapida occhiata ai mezzi d’epoca, militari e non, e poi di nuovo in sella verso Bormio per un saluto all’amico Ulisse. Un caffè veloce e poi di nuovo in marcia verso il passo dello Stelvio, tra i più alti d’Europa a 2757 m. slm.
Nel frattempo inizia a piovere e la temperatura cala rapidamente man mano che salgo sui famosi tornanti, muti spettatori di leggendarie imprese ciclistiche. Sul passo, dove sta cadendo un leggero nevischio, la solita piccola folla di moto e  bici ma stavolta arricchita anche da una carovana di vecchissime auto d’epoca che salgono rombanti dal lato altoatesino. La discesa verso Trafoi si rivela piuttosto pericolosa a causa di numerose e gigantesche macchie d’olio lasciate dalle veterane sugli stretti tornanti.
Giunto a valle imbocco la val Venosta e attraverso il Passo Resia entro in Austria. La giornata prosegue purtroppo sotto la pioggia alternata alla nebbia impedendomi di godere degli splendidi panorami che solo queste montagne sanno offrire.


Verso le 4 del pomeriggio sono già in hotel a Innsbruck raggiunto un’ora più tardi anche da Paolo e Michele. Li precedo nella graziosa città vecchia, dove poi ci incontriamo per la cena, rigorosamente tirolese, a base di canederli e maialino al forno.

Innsbruck

Il mattino successivo la partenza è sotto la pioggia che ci accompagnerà per buona parte della giornata. Per paura di consumare troppo le gomme viaggiamo a 120 km/h sperando di non danneggiare eccessivamente il tassellato.

Hildesheim
Dopo 11 h di guida attraverso numerosi e snervanti lavori in corso giungiamo a Hildesheim, bella cittadina nei pressi di Hannover che ebbi occasione di visitare un paio d’anni fa durante uno dei miei tanti viaggetti. E’ domenica sera, troviamo tutto chiuso e la città è praticamente deserta. Rischiamo di non trovare nemmeno da mangiare ma poi scoviamo un localino dove ci ristoriamo con piatti tipici della zona accompagnati da un’ottima birra rossa. Prima di rientrare facciamo la solita passeggiatina in centro, diamo una rapida occhiata al meteo che manco a dirlo prevede ancora acqua. Pazienza

Il terzo giorno di avvicinamento al porto di Hirtshals procede senza intoppi anche se costantemente sotto la pioggia e con temperature invernali
Siamo al 23 giugno, giorno dell’imbarco. Il piazzale è stracolmo di camper, alcuni con meccanica 4x4, qualche moto di tedeschi e olandesi ed una sola coppia di italiani con un pickup con cellula.
La navigazione è tranquilla ed il tempo sulla Norrona scorre lentamente scandito dall’orario dei pasti e dall’animazione di bordo. Passiamo la maggior parte del tempo leggendo ed ascoltando musica.


Torshavn - Faer Oer


3. Sull'Isola dove non è Mai Notte


Gufufoss

E’ la mattina del 25. Ci sono voluti complessivamente ben 5 gg per raggiungere l’Islanda ma ora ci siamo e l’avventura può iniziare. Per questioni metereologiche decidiamo di girare l’isola in senso antiorario così ci dirigiamo subito verso nord sulla ring road per qualche decina di km per poi imboccare sulla destra una strada secondaria, praticamente deserta e in parte sterrata, che ci regala fantastiche vedute di questa zona dimenticata dai turisti frettolosi, impazienti di raggiungere rapidamente le località più blasonate. Noi invece abbiamo tutto il tempo e ci siamo ripromessi di affrontare il viaggio con la dovuta calma, fermandoci ogni volta che qualcuno di noi ravvisa qualcosa di interessante da vedere o fotografare ed in effetti è così che faremo per il resto del viaggio.


Il sole, inizialmente nascosto dalle nuvole, non tarda a farsi vedere e rimarrà con noi anche i giorni successivi. Al livello del mare ci sono circa dieci gradi che scendono rapidamente a 2 non appena si sale di 2/300 metri, per accedere ad un altro fiordo. 
Siamo completamente immersi nella natura i cui colori sono da cartolina, ancor più belli di quanto ricordassi.


Svolazzano sopra e intorno a noi un'infinità di uccelli di specie a me sconosciute e dal canto delizioso. Non hanno paura di noi, si avvicinano fino a pochi metri accompagnandoci lungo la via come a volerci dare il loro benvenuto. Nei prati vediamo parecchi cavalli islandesi allevati in grande quantità allo stato semi brado. Anche se di taglia piccola sono molto belli e fieri con quel loro caratteristico ciuffo tipico di questa razza. 



Onnipresenti a bordo strada e pertanto un po pericolose sono le pecore e le capre sempre in famigliole da tre unità: mamma con due graziosi piccoli.



Per la notte ci fermiamo a Raufarhofn, un villaggio di 200 anime, pecore comprese, dove però c’è una guesthouse, una pompa di benzina, rigorosamente automatica, ed anche una piccola fabbrica per la lavorazione del pesce.



Raufharhofn













Nell’unico ristorante del paese dove gustiamo dell’ottimo Cat-Fish facciamo conoscenza con due ragazze straniere, una ceca e l’altra polacca, che lavorano nella fabbrica del pesce. Ci raccontano della loro triste vita da emigranti insistendo poi per farci vedere gli squallidi alloggi dove vivono a fianco della fabbrica …  Rientrati alla guesthouse approfittiamo per sistemare le foto, sbrigare un po’ di corrispondenza e visionare l’itinerario dell’indomani ricco di visite interessanti.
Nonostante la mezzanotte sia passata da un pezzo, il sole è ancora alto e non vien proprio voglia di andare a dormire. Paolo comunque ci prova escogitando qualche piccolo strattagemma per ricreare l’atmosfera notturna. 

Paolo

Io invece mi metto ad osservare il mare mentre fuori soffia il gelido vento del nord. Rimango immobile incantato da tanta bellezza, in attesa che la stanchezza prenda il sopravvento sui pensieri che mi si accavallano nella mente.



4. Una Giornata Indimenticabile


L’indomani ci svegliamo molto presto, facciamo una misera colazione con the, caffè americano e rimasugli di biscotti secchi trovati in cucina. Alle 7:20 siamo già sulle nostre moto, la giornata è splendida e la temperatura è di 6 gradi.

Prima di lasciare Raufarhofn visitiamo un vicino sito archeologico posto su un rialzo del terreno che domina il mare. 
Ricorda vagamente Stonhenge anche se qui i blocchi di pietra sono posizionati uno sull’altro in maniera diversa e piuttosto singolare. I menhir sono disposti a cerchio lungo un perimetro che fa pensare ad una bussola con i punti cardinali.
Lasciato questo luogo magico prendiamo la strada sterrata che gira intorno al fiordo in direzione del faro di Hraunahfnartangi, nel punto più a nord dell’isola.



Purtroppo non riusciamo a raggiungerlo perché la pista che porta fino al faro è inagibile a causa della sabbia molto alta e dalla presenza di grosse pietre che impediscono il passaggio alle nostre moto cariche. E’ l’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che per la vera avventura bisogna puntare su moto più agili e leggere rispetto ai bestioni da 300 kg con il look da adventure ma che poi in realtà si rivelano essere solo delle ottime moto da strada.




Proseguiamo per più di un’ora lungo la deserta e bellissima strada costiera fino al villaggio di Kopasker. Da quando siamo partiti non abbiamo incontrato anima viva, solo 2 o tre fattorie e qualche pecora.

A Kopasker, villaggio di poche case, tentiamo di mangiare qualcosa ma il minimarket è ancora chiuso e apre alle 10. Nei rari paesini che si incontrano non ci sono bar come da noi, al massimo si può trovare il minimarket con annessa pompa di benzina. In genere il minimarket mette gratuitamente a disposizione della clientela del caffè americano e un piccolo spazio per consumare ciò che si è acquistato.
Riprendiamo la strada, sterrata fino al bivio per il canyon di Asbyrgi, dove finalmente possiamo prendere qualcosa di caldo nel locale annesso alla pompa di benzina.

Asbyrgi
Il canyon è molto suggestivo e unico nel suo genere, con muraglioni di pietra a strapiombo sui lati e un bosco di betulle nane alla base. Sono le prime piante che vediamo da quando siamo sbarcati. Evidentemente grazie al particolare microclima del canyon riescono a svilupparsi, contrariamente al resto dell’isola dove freddo e vento ne impediscono la crescita.
Facciamo una breve passeggiata fino al piccolo lago con cascatella per ammirare alcuni uccelli tipici del posto che qui vivono tranquilli e indisturbati.

L’Islanda è un paradiso per gli amanti del bird-watching. Gli uccelli sono dovunque e si avvicinano sempre amichevolmente volteggiando sopra le nostre teste a poco più di 2 metri di distanza facendosi ammirare in tutta la loro bellezza. E’ un vero spettacolo.


























Lasciamo Asbyrgi e imbocchiamo la pista per Dettifoss tenendo il fiume sulla nostra sinistra. La pista si rivela da subito piuttosto impegnativa. Il primo tratto è ghiaioso e la moto tende ad affondare. Solo aprendo il gas e tenendo una velocità superiore ai 60 km/h si riesce a proseguire galleggiando. Dopo alcuni km il fondo si trasforma in un misto di sabbia e pietre stile deserto del Teneré. Per fortuna abbiamo montato pneumatici tassellati. 

Le nostre moto alzano nuvole di sabbia e polvere che si infilano dappertutto costringendoci a procedere ad alcune centinaia di metri l’uno dall’altro salendo pian piano sulla montagna fino a raggiungere un altopiano innevato. La guida è divertente e il posto è bellissimo. Nelle brevi soste lungo il percorso non perdiamo l’occasione per ammirare estasiati il panorama ed ascoltare deliziati il canto degli uccelli. A circa 3 km dalla cascata incrociamo una nuovissima strada asfaltata che proviene dalla Ring One dove transitano numerosi  pullman di turisti che ogni giorno accorrono a centinaia per vedere la cascata che vanta la maggior portata d’acqua d’Europa.
Lasciamo le moto nel parcheggio e a piedi ci inoltriamo su un sentiero che dopo una breve camminata sbuca davanti a Dettifoss. 

Dettifoss

La cascata in sé non ha nulla di particolare tranne lo spettacolo dell’arcobaleno che si forma tra l’acqua nebulizzata che sale dal fondovalle. 700 metri più a monte c’è un’altra cascata, Selfoss, a mio parere più bella e scenografica anche se non può vantare il primato di Dettifoss.

Selfoss






















Riprendiamo le moto e ci dirigiamo verso il vulcano Krafla per visitare il Lago Viti che si trova all’interno del suo cratere.
Raggiungiamo lo spettacolare lago glaciale ma ci fermiamo solo il tempo necessario a scattare qualche fotografia a causa del fortissimo vento gelido che qui in altura è veramente insopportabile.

Il Lago Viti












                                                                                                                                                                              Dopo aver scattato qualche foto ricordo con una ragazza coreana, scesa da un Pullman praticamente semi nuda, scendiamo a valle verso la solfatara di Namafjall-Hverir. 

Namafjall-Hverir





Qui abbiamo il primo incontro con sbuffi di vapore e pozze di fango ribollente. Nell’aria c’è un forte odore di zolfo e i colori del terreno sono molto particolari e suggestivi.

Proseguiamo oltre verso Reykjahlid, sul lago Myvatn, perla della zona dove si concentrano numerosi turisti. 

Lago Myvatn


Ci attardiamo lungo la sponda sud per ammirare il paesaggio e per scattare qualche foto poi via verso l’ultima visita della giornata: Godafoss, la cascata degli dei. La cascata è davvero spettacolare e imponente, chissà da dove viene tutta quell’acqua. Dopo averla fotografata da mille angolazioni, ci rechiamo alla vicina guesthouse per la notte. La posizione è strategica e ci consentirà di tornare dopo cena per fare fotografie all’imbrunire. In questo luogo il sole tramonta dietro una montagna alle 23:30

Godafoss




5. Niente Askja e Niente Balene


Il programma originale prevedeva per oggi la salita al vulcano Askja percorrendo, fin dove possibile, la famosa pista con i suoi insidiosi guadi, oppure in alternativa, l’utilizzo di un mezzo 4x4. I forti dubbi sulla fattibilità dell’impresa sono stati spazzati via in un istante perché le piste F88 e F910, a causa delle forti nevicate, sono ancora chiusa e non si sa quando verranno riaperte, peccato.

Myvatn
Avevamo comunque previsto un Piano B da attuare in caso di maltempo e/o impossibilità di salire al vulcano.
Iniziamo la giornata completando il periplo del lago Myvatn constatando a nostre spese che quanto riportato dalle guide riguardo i moscerini è purtroppo vero. Ad ogni sosta veniamo assaliti da milioni di piccoli insetti che si posano ovunque tentando di entrarti perfino in bocca e nelle narici. Fortunatamente però non pungono.
Lasciato il lago, puntiamo verso Husavik, importante base di partenza per l’avvistamento delle balene. Prendiamo qualche informazione ma poco convinti sulla reale possibilità di vedere veramente da vicino questi animali, lasciamo perdere dedicandoci invece alla visita del museo a loro dedicato.

Husavik

Impegnamo il resto della giornata girovagando a zonzo tra questi fiordi che ci regalano ancora una volta delle forti emozioni. Nel pomeriggio siamo ad Akureyri, seconda città d’Islanda con circa 20.000 abitanti, dove ci installiamo in un bel appartamento in pieno centro cittadino.

Akureyry
Come in tutti i paesi e cittadine d’Islanda anche qui non c’è molto da scoprire, a parte una chiesa moderna un po’ stravagante e qualche abitazione di inizio ‘900 perfettamente restaurata.
Mi stupisco di vedere ormeggiata nel piccolo porto la gigantesca nave da crociera MSC Splendida che verso sera molla gli ormeggi allontanandosi con i caratteristici tre squilli di sirena. 


MSC Splendida

Capisco le esigenze del turismo internazionale, ma per quanto mi riguarda, vedere un simile bestione tra questi piccoli fiordi è come ricevere un pugno nello stomaco.
Per cena scegliamo un affollato ristorante che propone specialità locali tra cui la gettonatissima carne di balena che anch’io, con un piccolo senso di colpa,  per curiosità voglio assaggiare.
Mi portano un bel bisteccone al sangue alto un paio di centimetri cotto sulla griglia. E’ una carne tenerissima, totalmente priva di grasso, dal sapore leggermente dolciastro e con un retrogusto caratteristico che mi ricorda qualcosa che però non riesco a identificare. Direi buona ma non eccezionale. La nostra fiorentina, con o senza osso, è decisamente migliore e comunque il suo sapore non giustifica certo la caccia che alcuni paesi, tra i quali l’Islanda, continuano a praticare.

Scopriamo a nostre spese che da queste parti la notte del sabato sera è molto movimentata. Fino alle 4 del mattino dalla piazza sottostante rimbalzano rumori, canti, schiamazzi e sgommate di auto. Al mattino lo squallido spettacolo che si presenta ai nostri occhi ci lascia senza parole. La piazza è ricoperta da ogni genere di immondizia, bottiglie, sacchetti di carta, cartoni per pizze ecce cc. Bah è il modo con cui si divertono gli islandesi nel fine settimana comprensivo anche degli innumerevoli giri in auto ad anello per le vie del paese stile criceto in gabbia.


Con un tempo splendido iniziamo la tappa di oggi che si sviluppa totalmente lungo i fiordi a nord dell’isola. Siamo circondati dal mare e da dolci colline verdeggianti ricoperte da prati e pascoli dove brucano indisturbate le pecore e le mandrie di cavalli islandesi, una vera ricchezza per il Paese.


Lungo il tragitto superiamo soltanto rari villaggi completamente deserti. Riusciamo a prenderci un caffè ad Olafsvik alle 10, orario standard di apertura delle attività commerciali. Il posto è molto carino, con un grazioso porticciolo dove sono ormeggiate le barche dei pescatori, unica attività della zona affiancata da piccole fabbriche per la lavorazione del pescato. Per il resto sembra che gli Islandesi si stiano dedicando prevalentemente al turismo puntando molto al business delle guesthouse. Data la scarsa ricettività alberghiera, le questhouse stanno sorgendo un po dovunque ricavate sovente da vecchi edifici ristrutturati. 

Di norma non c’è personale salvo 2 / 3 ore al giorno per ricevere gli ospiti. In alcuni casi non c’è proprio nessuno, bisogna telefonare e di li a poco si presenta un addetto per consegnare le chiavi e riscuotere. Il bagno è sempre in comune e si può usufruire di una cucina attrezzata dove spesso i turisti più organizzati si cimentano nella preparazione di elaborate cenette.























  Proseguendo nel nostro giro ci troviamo frequentemente di fronte ad immense distese di lupini artici, stupendi fiori lilla che avevamo visto anche in Patagonia. Michele li ha sopranominati “i fiori del freddo”.

Olafsvik




A Saudarkrokur c’è più movimento del solito e un discreto quanto fastidioso passaggio di auto. Ci sono tre ristoranti completamente pieni e dopo una breve attesa ci accomodiamo nel migliore. Da queste parti si cena già a partire dalle 18:30.
Il menù prevede spesso il pesce del giorno o la carne del giorno ma ci è capitato anche di vedere "il cavallo del giorno". Ordinando il piatto principale di norma nel prezzo è compresa anche una buona zuppa di funghi o di carne e il buffet di verdure. Per una cena, comprensiva di una buona birra Viking Classic (ambrata), si spendono circa 40/50 euro a testa.